Il fumetto è il linguaggio delle nuvole parlanti. Delle nuvole che vagano in un cielo di carta. Delle nuvole che si rincorrono su un mondo fatto di segni d'inchiostro.
Un intero universo parallelo alla realtà in cui viviamo, generatore di altri universi dai ritmi e dalle armonie proprie. Altrove differenti ma, come il nostro mondo, regolati da un'organizzazione coerente.
Dare vita a tutto ciò non è affatto facile ma, proprio per questo, può essere un'esperienza avvincente.
Jiro Taniguchi – Icaro
|
Raccontare è un bisogno congenito e primordiale dell'essere umano. Dall'alba dei nostri antenati ad oggi, non appena viviamo qualcosa che ci colpisce e sensibilizza, tutti proviamo l'urgenza di rendere partecipe qualcun altro della cosa.
Anche a noi stessi, più o meno inconsciamente, "ce la raccontiamo"... ma questa è un'altra storia.
La maggior parte delle persone racconta agli altri oralmente, magari ricorrendo anche a spontanei accenti verbali e gestuali che possano evocare, in chi ascolta, i dettagli e le atmosfere del fatto narrato. Altri invece scelgono di farlo usando un qualche mezzo espressivo che, per l'insieme degli accorgimenti tecnici e dei codici espressivi che adotta, definiamo artistico.
Tra questi ci sono coloro che hanno scelto il Fumetto.
Dave McKean – Cages |
Art Spiegelman – Maus
|
Fabio Visintin – L'isola
Ci sono vari modi di fare fumetti. Tante vie diverse quante sono le sensibilità che scelgono di incamminarsi, esprimendosi, per comunicare con le nuvole. Una moltitudine di possibilità differenti eppure simili fra loro perché accomunate dalla realtà sensibile dentro la quale vivono. La realtà che ci circonda.
Ancor prima che narratori si deve essere assetati di vita, famelici di esperienze, attenti osservatori della natura, delle cose, delle persone.
Essere indagatori della società, ascoltare i modi di parlare della gente tra le differenti classi sociali, i gerghi di lavoro o generazionali, scrutare le posture, le movenze, i tic... annotare tutto quanto colpisce della cronaca, della scienza, della tecnologia, della moda... perché per raccontare bisogna conoscere e la conoscenza passa dall'esperienza.
La narrazione è tanto più profonda, quanto vissuta da chi narra.
I disegni tanto più vivi e vibranti, quanto frutto dell'immersione nelle pieghe della realtà.
Le ambientazioni veramente tridimensionali e non stereotipate o banali, se assorbite con la copia dal vero.
La recitazione e i movimenti dei personaggi, sono più naturali e verosimili se, per capirne la dinamica, precedentemente mimati e compresi dal disegnatore.
Perché ogni vignetta possa essere viva, deve traboccare dell'esperienza – e dell'apprendimento che ne deriva – dell'autore che l'ha generata.
Perché un storia riesca a vibrare, deve avere un ritmo vitale, un'armonia di elementi che la rendano un universo coerente.
|
Quale che sia il contesto in cui si svolge una storia, tutto risulterà più credibile se conosciuto dall'autore.
Quando non si può avere un'esperienza diretta sulle cose, la si costruisce documentandosi dettagliatamente sull'argomento da raccontare, implementandolo con la realtà che si conosce.
Se ad esempio si pensa ad una storia ambientata in un preciso periodo storico, ci si documenta su di esso, sugli usi e i costumi del tempo e, per dar vita ai personaggi – poiché le dinamiche umane restano comunque invariate nel tempo – si può attingere dal carattere delle persone che si conoscono.
Anche per costruire gli altrove della fantascienza o del fantasy, non si può prescindere dalla conoscenza delle dinamiche del presente in cui viviamo.
Per creare universi credibili, chi li racconta, parte comunque dalla realtà, elaborandola per trasformarla, sublimarla, ma sempre per restituirne la coerenza e la credibilità, anche quando l'intenzione è di innescare dei cortocircuiti di senso, come nella narrazione surreale.
La realtà è qui intorno, basta metterla tra le nuvole.
Nessun commento:
Posta un commento