Daniele Pasquetti – illustrazione. |
Sul suo sito web, si descrive così:
Illustratore milanese con interesse per il grottesco orrorifico, la psichedelia fantascientifica ed il surreale umoristico. Mischiando la sua passione per la musica e la poster art, dà forma ad eccentriche visioni in un calderone di stili e tecniche differenti che vanno dalla più moderna digital art, passando dalla serigrafia all'oramai desueto aerografo, per creare grafiche di cd, vinili, t-shirt, flyer... Lavora da tempo come disegnatore per diverse case editrici scolastiche ed enigmistiche portando parallelamente avanti un percorso creativo come pittore, realizzando opere contorte di anatomie inquiete ed impossibili.
Daniele Pasquetti – illustrazione. |
Daniele Pasquetti – illustrazione. |
Daniele Pasquetti – illustrazioni per l'editoria scolastica. |
Daniele Pasquetti – fumetto per l'editoria scolastica. |
– Daniele, il corso ha cambiato il tuo modo di intendere il fumetto? e se sì in che modo?
– Sicuramente sì. Mi ha dato le basi per capire il valore di un opera. Prima compravo un fumetto solo perché aveva dei bei disegni dall’impatto immediato. Sì, avevo sentito parlare di un certo Corto Maltese ma un Ranxerox se lo mangiava ai miei occhi fanciulletti. Ahi quanto mi sbagliai… Dal corso ho capito che la semplicità e la sintesi sono talvolta più complesse delle zarrate che conoscevo fino ad allora (e che comunque amo ancora assai!). Conoscere mi ha fatto crollare i pregiudizi su certi fumetti e questo è una cosa importante, pure nella vita.
– Cosa ti ha colpito del corso di fumetto?
– Inizialmente mi ha colpito che l'insegnante dopo il primo giro di presentazioni si ricordasse tutti i nomi. Poi mi son sorpreso di vedere tanti ragazzi come me disposti a farsi due ore di sera dopo una giornata di studio o lavoro, 4 giorni a settimana, per 3 anni. Davvero c’era tanta passione e creatività ed un ambiente stimolante che, si sa, aiuta a migliorarsi. Pareva di stare in uno studio creativo.
Mi ha colpito vedere alcuni compagni crescere enormemente da un anno all’altro; amici meno pratici nel disegno sviluppare percorsi grafici e narrativi tali da sopperire a questa lacuna, piuttosto che amici più abili sacrificare il virtuosismo per prediligere la narrazione.
Ma la cosa che mi eccitava di più era sentirmi un po’ come se stessi sbirciando nel backstage di un qualcosa che fino ad allora mi ero sempre chiesto come funzionasse.
Ah, altro aspetto fondamentale, i professori per la prima volta dopo le scuole dell’obbligo erano simpatici e si sbattevano per organizzare iniziative formative al di fuori dell’orario scolastico, senza guadagnarci un soldo! E ti prestavano i fumetti.
– Come hai cominciato a lavorare nell'editoria?
– Devo il debutto a un prof del corso (grazie Lorenzo!) che ha creduto in me e altri ex allievi procurandoci un primo ingaggio nell'editoria scolastica e assistendoci attivamente mentre muovevamo i primi passi.
– Lavorando con gli editori, in che modo ti è stato utile aver frequentato il corso?
– L’insegnamento più utile che mi ha aiutato nella professione è stato quello di non affezionarsi troppo al disegno che tanto non è mai “buona la prima”. Seppur frustrante talvolta è necessario cancellare e rifare da zero.
– Hai qualche consiglio da dare a chi vorrebbe iscriversi e a chi frequenta il corso?
– A chi già frequenta dico di imparare dal vicino di banco. Di non essere presuntuosi. Di cercare di collaborare fra di voi e partecipare a tutte le iniziative extrascolastiche.
A chi ancora non si è iscritto invece dico che il corso di fumetto è stato il più formativo dei corsi che abbia mai frequentato. Se la vostra passione è forte ne uscirete sicuramente migliori.
– Racconta un ricordo divertente che conservi della scuola del Castello...
– Le discussioni sui fumetti e fumettisti erano sempre divertenti. Ricordo di una discussione circa lo sforzo muscolare sovrumano a cui sarebbe stato costretto un personaggio disegnato da Claudio Castellini se fosse stato intento a reggere una tazza di tè. Ovviamente detto con rispetto per l’autore.
– Qual è stata la parte più difficile da mandar giù nei tre anni di corso, e quale la più entusiasmante (o proprio l'esercizio più ostico e il più divertente)?
– Mi ricordo diversi esercizi ostici ma al tempo stesso spassosi, tipo aggiungere i dialoghi ad una storia muta di Daredevil, piuttosto che da una fotocopia di una stanza rappresentata con una linea chiara creare con textures e neri pieni diversi tipi di illuminazione della stessa… gli esercizi di anatomia (questi più ostici che spassosi).
– Ricordiamo che quando lavoravi sugli esercizi di scuola, pur riuscendo a rimanere nelle direttive date, lo facevi sempre riuscendo a dare un tocco di originalità personale nell'interpretarli; come concepisci l'originalità artistica?
– Sono contento se son riuscito a rimanere nelle direttive. Il più delle volte credevo di deragliare troppo dai binari.
Quando ero al corso cercavo di affrontare ogni sfida creativa chiedendomi quale sarebbe stata la cosa più assurda che mi avrebbe sorpreso vedere o raccontare, anche lontana dall’avere un senso logico ma che mi evocasse qualcosa, mi stimolasse la voglia di disegnarla, mi divertisse o spaventasse. Poi pensavo al modo più semplice e credibile per amalgamare il tutto e farlo viaggiare sui binari senza deragliare appunto; il passo finale era interpretarlo col mio punto di vista e modo di esprimermi. Un minestrone di ingredienti incompatibili che all’assaggio avrebbe dovuto avere un gusto equilibrato.
In sostanza, concepisco l’originalità artistica come un pisciare fuori dal vaso su un treno fermo alla stazione. Stai andando contro le regole ma alla fine le stai rispettando... non so se mi spiego.
– Osservando il tuo lavoro, si ha l'impressione che tu sia interessato anche ad una ricerca sull'uso di mezzi espressivi molto diversi tra loro, cosa ti spinge ad usare una tecnica piuttosto che un'altra?
– Per lavorare prediligo photoshop che mi dimezza i tempi e mi fa raggiungere risultati che a mano libera me li scordo. Mi ritrovo comunque spesso ad usare pennino e china per il tratto del disegno. Sulla tavoletta grafica alcuni movimenti sono meno gestibili.
Per quanto sia appagante però vedere un proprio disegno realizzato digitalmente stampato su un libro o pubblicato nel web, talvolta urge la necessità di sviluppare progetti personali per far ritorno al disegno vecchia maniera che permetta di utilizzare diverse superfici e raggiungere dimensioni superiori a quelle di pubblicazione.
Negli ultimi anni ho trovato il medium ideale nell’aerografo. Uso questa tecnica perché mi rilassa e permette di fare delle sfumature delicatissime che ho avuto sempre difficoltà a ripetere con altri strumenti. In sostanza per rispondere alla domanda, la scelta di alcune tecniche piuttosto che altre, più che a una ricerca espressiva, è dovuta al fatto che con le altre sono negato!
– Qual è il tuo sogno professionale più sfrenato?
– Cavolo non lo so… in casa ho una collezione di riviste di programmi tv e mi piacerebbe, ritagliando e incollando tutte le foto di Gerry Scotti che ci trovo all’interno, farne un gigantesco collage che se poi lo guardi da lontano rappresenta il volto di Gerry Scotti e quindi trarne un facile profitto dalla vendita a Gerry Scotti.
– Cavolo non lo so… in casa ho una collezione di riviste di programmi tv e mi piacerebbe, ritagliando e incollando tutte le foto di Gerry Scotti che ci trovo all’interno, farne un gigantesco collage che se poi lo guardi da lontano rappresenta il volto di Gerry Scotti e quindi trarne un facile profitto dalla vendita a Gerry Scotti.
tavola per Cargo (di prossima pubblicazione) |
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